È stato pubblicato, il 30 settembre 2020, in occasione dell’Assemblea nazionale, il quindicesimo Rapporto annuale del Centro studi di Confartigianato Imprese dal titolo “Ripartire, impresa possibile”.

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La pandemia di Covid-19 nei primi mesi dell’anno

Dal Rapporto annuale di Confartigianato risultano pesanti gli effetti provocati dalla pandemia da Covid-19 sull’economia italiana e internazionale. Nel primo semestre dell’anno il Pil in Italia si è ridotto dell’11,7% rispetto allo stesso periodo del 2019: sono stati persi dunque 94,1 miliardi di euro di Prodotto, al ritmo di 520 milioni al giorno.

Le micro e piccole imprese e la loro capacità di resilienza

A settembre 2020 le assunzioni previste dalle imprese risultano in diminuzione del 28,7% su base annua. In controtendenza si presentano le micro imprese del settore Manifatturiero e delle Costruzioni, le cui le assunzioni salgono del 4,5%. Rimane positivo l’apprendistato (+23 mila), cioè il contratto più diffuso tra le piccole imprese e quelle artigiane in particolare. Anche in un periodo di eccezionale difficoltà, le micro e piccole imprese hanno mantenuto il radicamento sul territorio, evidenziano l’integrazione nel contesto sociale e la propensione alla mutualità e sussidiarietà: nei mesi più bui della crisi un quarto (24,5%) delle Mpi si è attivato per supportare la comunità in cui vive e opera.

Difficoltà per le esportazioni

Nei Paesi ad alto contagio si addensa il 30% dell’export italiano nel mondo. Nei primi sei mesi del 2020 si registrano effetti particolarmente accentuati della crisi sulle vendite all’estero che, nei settori delle micro e piccole imprese registrano una flessione del 19,0% fronte del calo del 15,4% del totale dell’export manifatturiero, con una crisi più acuta per i settori di design, moda, gioielleria e mobili, architravi della qualità del made in Italy nel mondo, che vedono le esportazioni ridotte di un quarto.

L’economia digitale e green, due driver per la ripresa

Già durante la crisi Covid-19 la digital economy presenta marcate caratteristiche anticicliche. Nel secondo trimestre del 2020, nei settori del digitale si osserva un aumento del 4,1% degli occupati a fronte del calo del 3,6% del totale economia, un aumento di fatturato nel primo semestre dello 0,5% mentre quello del totale dei servizi cede il 17%; a fine giugno 2020 crescono del 3,3% le imprese digitali mentre quelle totali sono in calo (-0,4%), fenomeno confermato anche nel comparto delle imprese artigiane digitali (+2,2% digitali vs. -0,6% totale imprese artigiane). In un contesto di forte contrazione delle vendite durante la pandemia, si è registrato il boom dell’e-commerce che è salito, tra marzo e luglio, del 31,9%, pari a 3.702 milioni di euro di maggiori vendite. Tale crescita ha interessato anche il segmento delle micro e piccole imprese, con 122 mila Mpi in più rispetto al trend che hanno utilizzato il canale di vendita del commercio elettronico.

La prossima fase di ripresa sarà caratterizzata da una intensificazione delle spese in campo ambientale. In tale ambito il 66,3% delle imprese italiane tra 3 e 50 addetti svolgono azioni per ridurre l’impatto ambientale.

Stop alla burocrazia

Si trova necessario un pacchetto di riforme che agevolino il rapporto tra cittadini, imprese e Pubblica amministrazione. L’Italia è 128esimo posto nel mondo e 23esima in Ue per i tempi necessari a pagare le imposte con uno lo spread burocratico-fiscale che per le imprese italiane è stimato in 2,1 miliardi di euro di maggiori costi per l’adempimento. Pesanti anche i ritardi della giustizia civile: l’Italia è 122esimo al mondo per la velocità di risoluzione di una disputa commerciale che necessita di 1.120 giorni a fronte dei 590 giorni nella media dei paesi avanzati e più del doppio dei 481 giorni della media degli altri maggiori paesi europei.