L’Assemblea Legislativa regionale dell’Emilia-Romagna ha adottato, nella primavera del 2017, il Piano Aria Integrato Regionale. Confartigianato Emilia-Romagna, insieme a tutte le altre organizzazioni di rappresentanza delle imprese, ha messo in discussione l’impianto generale del Piano regionale, perché le limitazioni in esso contenute, così come gli oneri a carico di imprese e singoli cittadini, sono considerate troppo stringenti, soprattutto in relazione alle regioni limitrofe del bacino padano, Veneto e Lombardia, interessate da emissioni in atmosfera oltre i parametri definiti in sede europea e recepiti dall’Italia. Una decisione che, come si evince dalle osservazioni avanzate da Confartigianato all’Assemblea regionale già dal 2014, difficilmente assolverà in modo unilaterale dalle conseguenze dell’infrazione comunitaria. “L’Emilia Romagna – si legge nel documento – concorre per meno di 1/3 al contributo emissivo del PM10 e del 20% in meno per ciascun inquinante rispetto al Bacino Padano, ciononostante la proposta del Piano Regionale Integrato dell’Aria contiene misure e azioni che vanno a gravare ulteriormente sulle imprese che da decenni rispettano normative con obiettivi più ambiziosi di quelle applicate in Regioni appartenenti allo stesso bacino”.

A tutto questo si aggiunge un ulteriore elemento cardine, ovvero che l’inquinamento della Regione Emilia-Romagna “dipende in buona parte dall’inquinamento su larga scala tipico della pianura padana – prosegue il documento -, e di conseguenza le misure di riduzione delle emissioni inquinanti applicate sul territorio regionale possono agire solo in parte sul fondo a grande scala”.  È chiaro, allora, come le misure restrittive sulle attività produttive emiliano romagnole previste dal PAIR siano lesive della concorrenza e, nel bilancio costi/benefici,  compromettano fortemente quei settori produttivi  che oggi, faticosamente, producono ancora oltre il 10 % del PIL nazionale.

Confartigianato Emilia-Romagna, attraverso un’azione di forte e costante pressione nei confronti dell’Assessorato Ambiente della Regione, ha ottenuto di far slittare all’1 ottobre 2018 il divieto di circolazione dei veicoli diesel Euro 4, nei centri urbani sopra i 30.000 abitanti che, inizialmente, era previsto dal 2017, che verrà esteso ai diesel Euro 5 a partire dall’1 ottobre del 2020. Tuttavia, non si ritiene soddisfatta delle risposte ricevute dai competenti uffici regionali in merito al complesso delle norme introdotte dal PAIR 2020.

In linea generale si ritiene che, poiché nella costruzione del PAIR, sono mancati i momenti di concertazione e di confronto e non sono stati tenuti in considerazione i rilievi fatti al “Preliminare” e ribaditi durante la fugace presentazione del PAIR nel luglio scorso, questo Piano non possa  essere condivisibile ed in particolare Confartigianato regionale si mostra decisamente contraria alle seguenti misure:

1)      misura del “saldo 0”, perché penalizza il sistema produttivo che è solo in minima parte responsabile dello stato della qualità dell’aria, perché blocca gli investimenti, perché li rende più onerosi, perché distorce la concorrenza, perché non è applicato nelle altre Regioni;

2)      all’applicazione anticipata rispetto al dettato europeo delle “BAT conclusion” per gli impianti IPPC (prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento, ndr) che superano determinate soglie, perché significa fare investimenti in tecnologia, perché è eccessivamente oneroso, perché non è applicato a tutte le imprese europee di cui le nostre imprese in AIA sono competitors;

3)      all’applicazione alle imprese AIA dei valori più bassi  previsti nei range dei limiti contenuti nei BREF nei casi di aumento della capacità produttiva dell’impianto pari alla soglia nelle aree di superamento dei limiti di qualità dell’aria, perché penalizza le imprese che risiedono in territori dove, probabilmente il contributo delle strade e dei grossi nuclei abitati è rilevante o dove vi sono centraline per le rilevazioni che in altre parti non ci sono, perché è una misura che crea sperequazioni tra imprese dello stesso settore poste in altre regioni d’Italia e d’Europa;

4)      all’applicazione delle MTD (migliori tecniche disponibili) agli impianti autorizzati in via ordinaria o in via generale   poiché colpisce le piccole e medie imprese e perché questa previsione implica investimenti notevolissimi in tecnologia, perché non è una misura comune a tutte le Regioni;

5)       al confinamento di ogni fase lavorativa che possa generare emissioni od il convogliamento ad idonei impianti di abbattimento perché non sempre questo è tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile;

6)      alla copertura degli stoccaggi esistenti al 2020, poiché è una misura tecnicamente infattibile  ed economicamente esorbitante rispetto ai benefici;

7)      alla modifica delle dieta animale poiché incide sulla liberta imprenditoriale di determinare la qualità del prodotto finale;

8)      alla rimozione dell’ammoniaca dal digestato perché è una tecnica molto onerosa e una volta estratta va comunque riportata nel ciclo biologico e gli impianti sono talmente pochi da non giustificare questa misura;

9)  all’ulteriore limitazione del traffico veicolare nelle aree urbane poiché non porta i risultati attesi e crea un danno economico alle attività commerciali e di servizi;

10)   a qualunque intervento che incida direttamente sui trasporti delle imprese (es. le limitazioni al traffico commerciale) poiché non si può prescindere da una attenta e preventiva valutazione delle ricadute in termini funzionali ed economici.