In Emilia Romagna il superbonus 110% traina l’impetuosa crescita del settore dell’edilizia. Il trend del fatturato nel periodo pandemico rispetto al pre crisi segna un recupero a doppia cifra, pari al +27%, inferiore al +30% nazionale.

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Gli investimenti nell’edilizia

Il valore degli investimenti di lavori finiti incentivati dal superbonus 110% sul valore aggiunto regionale del settore risulta pari al 12,5%. In linea con il 12,1% medio nazionale.
Sul fronte mercato del lavoro, conseguenza del buon trend di recupero del settore, si registra un incremento del 29,8% delle nuove entrate previste.

Il trend è confermato dai dati che emergono dall’analisi del Centro studi di Confartigianato Emilia Romagna. “Viene confermato il valore della misura intrapresa dal Governo – sottolinea Davide Servadei, presidente di Confartigianato Emilia Romagna -. E’ positivo che negli interventi per la stabilizzazione triennale sia previsto il prolungamento sino al 2024 degli incentivi per la riqualificazione edilizia ed energetica, il sisma bonus e il bonus mobili, con possibilità di cessione dei crediti o di applicazione dello sconto in fattura e la proroga dei superbonus 110% sia per interventi su condomini sia per singole unità unifamiliari”.

L’impulso alla crescita spinto dai bonus fino ad ora si è riverberato sulla dinamica delle nuove iscrizioni di impresa il cui numero nei primi 11 mesi del 2021 è cresciuto (+11,8%) rispetto al numero di iscrizioni dello stesso periodo 2019. Le costruzioni rappresentano il primo settore per numero di startup nate durante l’intero periodo pandemico (marzo 2020- novembre 2021).

Rischi da manodopera e prezzi

Alla maggior ricerca di personale si accompagna un aumento della difficoltà di reperimento di operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici: cresce la quota di imprese che lamentano la problematica della difficoltà di reperimento che passa dal 52% al 64,3%.
Altro possibile scacco alla continuità della ripresa del settore è l’elevato incremento dei prezzi delle materie prime. Si stima che in Emilia Romagna ciò comporterà maggiori costi annui per le 43 mila Mpi del settore pari a 1.230 milioni di euro.

“Se non si interviene tempestivamente, l’abnorme crescita dei prezzi delle materie prime finirà con il ricadere sulla crescita e rendere vano il lavoro e gli investimenti fatti anche grazie ai fondi del Pnrr. Nello stesso tempo è paradossale che in un Paese a elevata disoccupazione, in particolare giovanile, vi sia una richiesta inevasa così elevata di manodopera. E’ necessaria una profonda riflessione sul nostro sistema formativo. Servono risorse per sostenere le politiche attive per il lavoro e la formazione finalizzate a sostenere l’apprendistato formativo e l’apprendistato professionalizzante e per rifinanziare il Fondo nuove competenze, favorendone l’accesso alle Pmi”, conclude Servadei.